sabato 29 ottobre 2016

Step 9 - L'abbecedario dell'ametista


A come astrologia



come drusa

come elisir

come fungo

come gemma

come hallmark



come mitologia

come ninfa

come orecchini

come patata

come quarzo

come reiki

come silicato

come talismano

come ubriachezza

come violetto

come zodiaco

giovedì 27 ottobre 2016

Step 7 - Ametista nel cinema


Nel grande mondo del cinema i colori sono una parte molto importante. Ogni colore ha un suo significato quindi, se utilizzato in determinate scene di un film, può aiutare a coinvolgere il pubblico.
L'ametista rientra nel gruppo del viola che comprende diversi significati: mistico, fantastico, magico, erotico, legato alla nobiltà, spirituale, crudele, arrogante, seduttivo, stravagante.

Nel film Last River di Ryan Gosling, il viola e le sue sfaccettature sono utilizzate per evidenziare la sensualità di uno dei personaggi, la cui sagoma viene mostrata in penombra e avvolta in una magica luce viola.



Nel film "Alla ricerca di Nemo" il colore viola è utilizzato in tutte le sue sfaccettature, in questo caso ha un significato di fantastico e divertente.



Star Wars: Episode IV - A New Hope (1977). Dir. George Lucas



Hercules (1997). Dir. Ron Clements, John Musker





Belly (1998). Dir. Hype Williams





 Spirited Away (2001). Dir. Hayao Miyazaki





Frozen (2013). Dir. Chris Buck, Jennifer Lee





The Grand Budapest Hotel (2014). Dir. Wes Anderson





Allo specifico color ametista fanno riferimento anche due cartoni animati:

Steven Universe, uno dei personaggi si chiama Amethyst




I cavalieri dello zodiaco, in particolare a uno dei cavalieri dello zodiaco, Megres.






Step 6 - Ametista e la scienza


Troviamo il color ametista, inteso in particolare nella sua sfumatura prossima al viola-violetto, protagonista di numerosi studi scientifici, legati, soprattutto, al campo della fisica.

All’interno dello spettro del visibile, ovvero di quella parte dello spettro elettromagnetico che noi esseri umani percepiamo come luce, il violetto occupa una parte consistente nell’area dei raggi UV, i raggi ultravioletti, ad una lunghezza d’onda compresa tra i 380 e i 450 nm.

La spettroscopia ha convertito le “sfumature arcobaleno” della luce solare nei moderni display a colori, semplificando, ovviamente, il processo di ricezione luminosa da parte nei nostri occhi: tre soli colori, il rosso, il verde ed il blu servono ad approssimare tutti gli altri colori dello spettro, tra cui il violetto, compreso tra il rosso ed il blu.


Le radici di quelli che noi oggi definiamo studi spettroscopici sono in realtà molto lontane.
Già nel Medioevo ai colori veniva attribuito il potere di innescare numerose associazioni, in particolare, quelle che riguardavano i colori ed i pianeti, ed alcune affinità con metalli e pietre preziose.
Il viola era così associato al segno della Vergine e a quello dei Gemelli, e nella “ruota dei colori” troviamo indicata proprio l’ametista.


da Anna Marotta, Policroma, dalle teorie comparate al progetto del colore, Torino, Celid, 1999

Intorno al 1506 risalgono le teorie di Leonardo da Vinci sui colori e gli elementi, quelle di Matteo Zaccolini del 1616, quelle di Athanasius Kircher del 1646, fino a quelle di Newton.

da Anna Marotta, Policroma, dalle teorie comparate al progetto del colore, Torino, Celid, 1999
Newton, scrisse il suo trattato, Opticks, all’ inizio del ‘700, quando si credeva che i colori fossero un insieme di luci e di ombre, e che fossero i prismi a colorare la luce.
Precedentemente Cartesio, Hooke e Boyle avevano condotto i primi esperimenti sui prismi, attraverso degli schermi che sembravano produrre una serie di miscugli di colori. L’ intuizione di Newton fu di capire che era necessario allontanare il prisma dalla fonte luminosa per ottenere uno spettro cromatico ben  visibile. A seguito di numerosi tentativi egli riuscì a mettere a punto la teoria sulla rifrazione dei raggi luminosi, e sugli angoli di incidenza, di cui ancora oggi ci serviamo in particolare nel campo fisico dell’ illuminotecnica.
Secondo i suoi studi, ampiamente comprovati nel corso del tempo, i raggi del violetto, un colore ad alta frequenza, vengono rifratti notevolmente attraverso il prisma, mentre il rosso, per esempio, viene deviato molto poco. Ecco perchè nell’arcobaleno, è possibile vedere distinti fasci di luce cromatica, in diverse posizioni.

Collocandosi su questa linea, nel 1766, troviamo il trattato di Moses Harris dal titolo “Triangolo e ruota dei colori”, quello di Ignaz von Schiffermüller : “Primo disco cromatico dei colori saturi”, del  1772, fino ad arrivare alla teoria dei colori di Goethe, che, al contrario dei precedenti, presenta notevoli differenze.

da Anna Marotta, Policroma, dalle teorie comparate al progetto del colore, Torino, Celid, 1999
Il saggio di Goethe “Teoria dei colori  pubblicando nel 1820, rappresenta, in un certo senso,
un passo indietro rispetto alla teoria di Newton. Egli sostenne infatti che i colori derivassero da un offuscamento della luce, e dall’interazione della luce con quelle che egli definiva “oscurità”.
Goethe intendeva studiare come i fenomeni ottici si presentassero ai nostri sensi, sottolineando il ruolo della coscienza del soggetto nel rapportarsi alla realtà.
Egli studiò i colori partendo da due poli opposti, i colori che si manifestano grazie alla luce ed i colori che si manifestano attraverso l’ oscurità. Il giallo, secondo questa teoria, è il colore che più si avvicina alla luce, mentre il blu è quello che più si avvicina alle tenebre.
Goethe verificò la sua teoria attraverso alcuni esperimenti, che coinvolgevano, ovviamente, un fascio di luce ed un prisma.
In seguito ordinò i colori in un cerchio cromatico, all’interno del quale compare il color violetto. L’ordine del cerchio cromatico prevedeva infatti il porpora, il violetto, il blu, il verde, il giallo, l’arancio.
Questa suddivisione gli servì per definire anche i così detti “colori armonici”, cioè coppie di colori opposti, o complementari, tra cui il Violetto - Giallo, e i “colori caratteristici” come la coppia Arancio - Violetto.


Rifacendosi alla teoria di Goethe, Philipp Otto Runge scrisse “Sfera dei colori” nel 1810, Michel - Eugène Chevreul “La ruota dei colori e il quadrante sollevabile”, nel 1861, James Clerck Maxwell il “Triangolo” nel 1861, Charles Blanc “Rosa cromatica” nel 1867, Wilhelm von Bezod “Piramide dei colori”, nel 1874, Ewald Hering “Disco cromatico” nel 1878, Ogden Nicolas Rood “Triangolo del colore”, 1879, Vasilij Kandinsky “Modello cromatico”, 1912, Albert Munsell “Albero del colore”, nel 1915, Wilhelm Ostwald “Doppio cono”, nel  1919, Alfred Hicktier “Cubo dei mille colori”, nel 1940, Johannes Itten “La sfera dei colori” nel 1961, per fare un esempio dei testi più significativi.









sabato 15 ottobre 2016

Step 4 - Ametista: Il colore di miti passati e presenti


A partire dalla mitologia classica greco – romana, potremmo dire fino ai giorni nostri, l’ ametista, intesa come accezione cromatica della pietra, è protagonista di numerosi racconti e leggende.

Il primo di questi, di origine greca, è il Mito della Ninfa Ametista.


Caravaggio, Bacco, Galleria degli Uffizi, Firenze, 1596-1597
Il mito narra che Dioniso, in preda ai fumi del vino, fosse stato insultato da un mortale. Il Dio si volle vendicare e generò delle feroci tigri, che sarebbero state pronte ad attaccare chiunque avessero incontrato sul loro cammino. Fu il caso, però, a volere che Dioniso e le sue feroci tigri si imbattessero nella bella Ninfa Ametista, che si stava recando a portare omaggi al tempio di Artemide. La fanciulla, alla loro vista, si spaventò terribilmente, e fuggendo pregò Artemide di proteggerla. La Dea udì la preghiera e trasformò la ninfa in una statua di cristalli purissimi.
Solo una volta rinsanvito Dioniso si rese conto del sacrificio della ninfa e pianse lacrime di vino che tinsero i cristalli. Fu così che decise di dare ai cristalli di Ametista il potere di proteggere dagli effetti dell’alcool.

Il mito greco viene ovviamente ripreso nella mitologia romana, con il Mito di Bacco.

Bacco ubriaco stava inseguendo la ninfa Ametista con lo scopo di possederla, ma la fanciulla pregò Diana, alla quale aveva consacrato la sua castità, affinché la proteggesse. La Dea trasformò Ametista in una statua di purissimo quarzo bianco.
Bacco, irritato dall’accaduto, prese la sua coppa di vino e la scagliò sulla statua, dando ai cristalli il colore viola, e conferendo loro il potere di proteggere dai fumi del vino.

Immagine da pinterest
Le proprietà “benefiche” dell’ametista contro l’ubriachezza venivano confermate da una particolare etichetta comportamentale romana, che imponeva ai commensali di bere il vino in coppe di cristallo ogni qualvolta l’ospite accostasse la sua coppa alle labbra. Egli, però, si limitava a bere acqua pura in un calice di ametista, i cui riflessi viola sembravano colorare l’acqua dandole l’apparenza del vino. L’ospite poteva in questo modo rimanere signorilmente sobrio.


Sempre in epoca romana, l’ametista inizia ad essere considerata non soltanto una pietra preziosa per fuggire gli effetti del vino, ma, come sostiene per la prima volta Plinio il Vecchio nella Naturalis Historia (23 – 79 d.C) , anche una pietra propizia, legata, in un certo senso, al potere (concetto che si svilupperà in modo completo solo molto più tardi, in epoca medioevale).

Immagine da ilsognocolorrubino
Plinio sosteneva che se il nome della luna o quello del sole fossero stati incisi su un’ametista appesa al collo di un babbuino, questa si sarebbe trasformata in un amuleto contro la stregoneria, e sarebbe diventata un talismano per coloro che avessero desiderato presentare suppliche ai principi.

In epoca medievale l’ametista assume poi un significato prettamente legato alla sfera del potere, ed affina le sue caratteristiche di pietra spirituale.


Poiché si riteneva che l’ametista favorisse il celibato, rifacendosi chiaramente al mito romano della Ninfa Ametista che aveva consacrato a Diana la sua castità, diventò una pietra utilizzata dal clero, ed in particolare la pietra simbolo del potere papale.
Inoltre, era una delle più amate pietre spirituali. Il suo compito era quello di risvegliare la consapevolezza interiore in previsione di una realtà che andasse oltre alla materia.
Si pensava che fosse uno strumento di purificazione della mente e che aiutasse la comprensione del mondo.

Su questa linea si colloca anche un pensiero di Leonardo da Vinci(1452 – 1519).

Secondo Leonardo da Vinci l’ ametista poteva allontanare i pensieri negativi e stimolare l'intelligenza.

Intorno al ‘700 abbiamo altre notizie che legano l’ametista al potere, in particolare alla Regina Carlotta di Meclemburgo – Strelitz.

La Regina sposò il Re Giorgio III del Regno Unito nel 1761 ed è a tutt’ora la seconda consorte che rimase più a lungo al potere, si dice per lo straordinario effetto della sua collana di ametiste.

Ancora oggi troviamo l’ametista impiegata nel campo della cristalloterapia, e come pietra spirituale nel campo della disciplina del Reiki.
Eppure anche oggi la sua origine mitica non la abbandona, si dice infatti che la pietra trovi maggiori affinità e giovi con maggiori benefici chi ama uno stile di vita sobrio, tranquillo ed equilibrato.